
Cicatrici ipertrofiche da percing
Autore: dott.ssa Tania Basile 09/12/2019Le cicatrici sono esiti fibrotici permanenti di processi riparativi dei tessuti a seguito di insulti traumatici (ferite da taglio, ustioni età) e flogistici (infettivi o tossici).
Gli esiti della riparazione delle lesioni dipendono da
1) predisposizione individuale,
2) sede,
3) caratteristiche della noxa.
La cicatrizzazione può avvenire normalmente, oppure con un’eccessiva o una difettosa formazione di tessuto fibroso; ovvero di cicatrice ipertrofica o di cicatrice atrofica, rispettivamente. Il cheloidi è invece una cicatrizzazione patologica in cui si ha continua crescita del processo fibroso nel tempo e nello spazio espandendosi al di fuori della sede iniziale della lesione.
Per i portatori di piercing delle volte le cicatrici possono verificarsi poichè per poter indossare monili nella vostra pelle è necessario fare ‘’un buco’’.
Il percing è fondamentalmente una piccola ferita; una volta tolto delle volte la pelle si ripara, in modo anomalo creando una cicatrice chiamata cicatrice ipertrofica . le cicatrici ipertrofiche, o cicatrici in rilievo, sono una risposta durante il processo di guarigione.
Una cicatrice normale ha una superficie liscia, dal colore rosso-rosato diventa più chiara rispetto al tessuto circostante, può apparire piana, rilevata o infossata con assenza di annessi cutanei. La forma della cicatrice riproduce quella della ferita cutanea che l’ha generata.
La riparazione di una ferita avviene in 4 fasi:
- Emostasi.
- Fase infiammatoria
- Fase proliferativa:
- Fase della maturazione:
Le modalità di regressione quindi di guarigione di una ferita sono di:
- Prima intenzione: quando i margini della ferita sono netti e accostabili ed il processo di guarigione è rapido e con migliori risultati estetici.
- Seconda intenzione: quando i lembi della ferita non sono allineabili, c’è ampia sostanza in difetto o infettata. Il processo di riparazione è più lento con risultati esteticamente peggiori.
- Terza intenzione: riguarda particolarmente cicatrici chirurgiche che nel post-operatorio sono andate incontro ad una riapertura parziale o totale.
Non sempre il processo di guarigione della ferita avviene con modalità nella norma ma possono verificarsi esiti anomali del processo di cicatrizzazione. Nella fattispecie possiamo riscontrare diverse tipologie di cicatrici:
- Cicatrice ipertrofica: proliferazione eccessiva di tessuto fibroso a seguito di trauma o evento flogistico in situ.
- Cicatrice atrofica: la ferita si presenta depressa e leggermente avvallata per mancanza di collagene ed ha tendenza a riaprirsi con facilità e sanguinare.
- Cheloide: lesione rilevata a cordone, a limiti netti con ramificazioni simili alle chele di un granchio. Appare liscia ed è spesso dolente o pruriginosa.
A differenza del cheloide appare circoscritta nella sede primitiva della lesione, senza interessare aree di cute sana adiacenti, e regredisce spontaneamente entro 8-12 mesi senza recidive.
Ciò che lo differenzia dalle cicatrici ipertrofiche è la sua espansione al di fuori della sede iniziale della lesione e la sua evoluzione cronica: tende infatti a crescere nel tempo.
Trattamenti medici
- Massaggio della cicatrice ipertrofica o altre tipologie.
- Creme e cerotti: a base di quercetina e vitamina E, oppure gel di silicone; il primo ha la funzione di riequilibrare le condizioni cutanee nella sede del processo di riparazione (umidità, tensione d’ossigeno, temperatura), le altre due molecole favoriscono la guarigione della ferita.
- Compressione della cicatrice: mediante specifiche medicazioni che determinano una pressione costante sulla lesione. Usata soprattutto per le cicatrici ipertrofiche ed i cheloidi.
- Occlusione con fogli di gel o pomate di gel al silicone: utili soprattutto per schiarire le cicatrici.
- Iniezione di cortisonici: utilizzata soprattutto per ridurre il volume di cicatrici ipertrofiche e cheloidi.
- Trattamenti laser: ablativi e non ablativi. I primi sfruttano la capacità di rigenerazione dei fibroblasti e hanno azione levigante. I laser non ablativi migliorano la qualità dei tessuti di supporto.
- Dermoabrasione: consiste in una levigatura meccanica dello strato cutaneo più superficiale per uniformarne l’aspetto. Una volta effettuati trattamenti è necessario limitare al minimo l’esposizione diretta al sole per alcuni mesi.
- Crioterapia: distrugge il tessuto cicatriziale attraverso ustioni controllate dal freddo.
- Peelings chimici: con l’acido glicolico per rimuovere lo strato cutaneo più superficiale riducendo la rilevatezza della cicatrice.
- Fillers: l’infiltrazione migliora l’aspetto della cicatrice, riducendone la profondità. Usati soprattutto per le cicatrici sclero-atrofiche e retraenti.
Trattamenti chirurgici (prima di procedere chirurgicamente è necessario aspettare almeno un anno, per il completamento dei processi di maturazione della ferita.)
- Microchirurgia estetica: vengono prelevati piccolissimi cilindri di tessuto danneggiato e sostituiti da micro-cilindri di cute sana precedentemente prelevati da zone del corpo nascoste. Il trattamento viene eseguito in più sedute e può essere accompagnato da altre tecniche come il peeling laser a CO2 pulsato.
- Escissione intralesionale o completa della cicatrice.
- Plastiche a “Z” o a “W”: tecniche chirurgiche usate per riposizionare o cambiare direzione alla cicatrice (cicatrici retraenti).
- Radioterapia (a volte associato alla chirurgia).
Se l’escissione della cicatrice comporta una elevata perdita tissutale si può optare per una riparazione con lembi di vicinanza o innesti cutanei a tutto spessore. Queste tecniche vengono usate in genere solo per le lesioni di dimensioni maggiori.
In caso di cicatrici ipertrofiche o di cheloidi potrebbe essere utile la precedente compressione prolungata della lesione. La loro asportazione dovrebbe avvenire con un’escissione chirurgica semplice, evitando l’elettrocoagulazione e l’uso di caustici. La recidiva ovvero una cicatrice ipertrofica dopo anni si verifica nel 10% dei casi in seguito all’asportazione delle cicatrici ipertrofiche stesse e nel 60% dei casi se si tratta di cheloidi.
Fonti e bibliografia
- Cainelli T., Giannetti A., Rebora A. Manuale di Dermatologia Medica e Chirurgica, IV edizione, McGraw-Hill, Milano, 2008.
- AAD