
Intervento ernia ombelicale cicatrice
Autore: dott.ssa Tania Basile 08/05/2020
La cicatrice rappresenta un segno permanente a seguito ad esempio di un intervento di ernia ombelicale ed è la naturale conseguenza dell’operazione chirurgica chiamata a risolvere tale disturbo e può presentarsi ben visibile, e dunque come inestetismo, o contenuta nei limiti della cavità ombelicale.
Nella maggior parte dei casi questo tipo di cicatrice non provoca disturbi di alcun genere sebbene in una piccola percentuale di casi si possa presentare la necessità di intervenire per ridurre il volume una cicatrice antiestetica o, in rari casi, le conseguenze di un laparocele, ovvero la fuoriuscita di visceri della cavità addominale attraverso una rottura dei tessuti interessati da consolidamento post-operatorio dopo una laparotomia.
L’ernia ombelicale rappresenta ad oggi un disturbo molto comune tra i neonati e le partorienti; in fase adulta invece colpisce sia uomini che donne di ogni età. Questo tipo di disturbo si presenta come una protrusione del tessuto cutaneo intorno all’ombelico che può variare da 1 a 5 centimetri di grandezza e rappresenta la fuoriuscita di rivestimento addominale o parte dell’intestino attraverso una breccia del tessuto sottocutaneo della parete addominale. In presenza di un’ernia ombelicale, nella maggior parte dei casi, il medico consiglia l’intervento chirurgico.
Le cause dell' ernia ombelicale
Tra le cause note dell’ernia ombelicale vi è la debolezza del tessuto muscolare che se sottoposto ad uno sforzo eccessivo, come ad esempio il sollevamento di oggetti pesanti, può lacerarsi permettendo la fuoriuscita di visceri tra il tessuto cutaneo ed i muscoli formando il tipico rigonfiamento. In alcuni casi, se sono presenti queste problematiche a livello di parte dell’intestino esse sono coinvolte nella fuoriuscita, può verificarsi un impedimento nel corretto afflusso di sangue nell’organo provocando conseguenze rilevanti. In questi casi si parla in termine tecnico di ernia strozzata.
Esistono differenti tipi di ernie ombelicali ed una delle più comuni è quella embrionale o fetale, caratteristica dei neonati incorsi in una chiusura incompleta o errata della parete addominale durante la gestazione. Questo tipo di ernia è detta congenita ovvero presente fin dalla nascita. Nei casi di ernia neonatale, invece, il disturbo è la diretta conseguenza della caduta del cordone ombelicale ed in presenza di una condizione di malnutrizione della madre durante la gestazione, un ritardo della cicatrizzazione del cordone stesso o nel caso di un errato trattamento della ferita. Di diversa natura invece sono le ernie che compaiono negli adulti causate, generalmente, dallo scarso tono muscolare della parete addominale che diventa, quindi suscettibile a lacerazioni in seguito di sforzi eccessivi ma anche tumori, obesità o gravidanze multiple.
Sintomi ernia ombelicale
Sebbene l’ernia ombelicale possa presentarsi in forma asintomatica, la protrusione, anche se di modeste dimensioni, è sempre visibile in prossimità dell’ombelico. Tra i sintomi più comuni sono classificati la sensazione di bruciore localizzato e dolore che tende ad acutizzarsi dopo colpi di tosse, starnuti, sforzi o contrazione dei muscoli addominali.
La diagnosi è effettuata attraverso semplice visita medica sebbene possa risultare necessario approfondire il disturbo attraverso ecografia, test di imaging o test ad ultrasuoni. Dopo i test esplorativi la soluzione indicata solitamente dal medico è l’intervento chirurgico mentre nei neonati spesso questo tipo di problema si risolve in modo naturale nei primi 12-18 mesi di vita.
Ernia ombelicale: l'intervento chirurgico
L’intervento può essere effettuato sia in anestesia generale che locale a seconda dalla grandezza dell’ernia e dalla condizione del paziente. La durata dell’intervento può variare da 30 minuti a 2 ore a seconda della gravità dell’ernia e contempla la ricollocazione del rivestimento addominale, la ricostruzione dell’orifizio ombelicale, la saturazione delle fasce addominali nonché il rafforzamento delle pareti addominali mediante l’ausilio di speciali reti biocompatibili. L’intervento chirurgico è di per sé a basso rischio e considerato come un intervento di routine nella medicina moderna. Ciò nonostante, in rari casi, possono verificarsi complicanze derivanti da allergie all’anestesia, coaguli sanguigni imprevisti, infezioni e lesioni dell’intestino tenue.
Il decorso operatorio è breve e, comunemente, si può riprendere l’attività lavorativa dopo un periodo di 2/3 settimane. Nei primi giorni, e per tutta la durata del recupero, sono sconsigliati sforzi eccessivi e movimenti che possano interessare i muscoli addominali. È preferibile, quando si è per vari motivi costretti a risolvere queste problematiche, rivolgersi a centri specializzati con medici di comprovata esperienza poiché, sebbene l’operazione sia molto comune e sicura, una corretta e appropriata gestione di tutte le fasi della patologia riduce al minimo i rischi relativi alle complicazioni.
Una delle complicanze più temute per questo tipo di intervento è il laparocele ovvero un’ernia conseguente un intervento chirurgico laparotomico. È considerato una grave complicazione e si presenta in circa il 2% dei casi. Le cause principali di questo tipo di disturbo sono da ricercarsi nelle infezioni del sito chirurgico in esame, in aumenti improvvisi della pressione endo-addominale come conseguenza di sforzi, vomito o tosse, errore medico nella corretta sutura dei tessuti oppure in presenza di patologie come il diabete.
Fonti:
- Tullio Cainelli, Alberto Giannetti, Alfredo Rebora, Manuale di dermatologia medica e chirurgica, McGraw Hill 2017.
- Davide D’amico, Manuale di Chirurgia Generale. Piccin 2018.